Percorrere luoghi attraverso i sapori: è questo lo scopo delle Confezioni della Selezione Oli d’Italia – Sabino Basso. Nel nostro secondo percorso esploriamo la nostra regione, ispirandoci alla confezione Campania.

Le Confezioni della Selezione Oli d’Italia nascono dal desiderio di condurvi in un viaggio alla scoperta della nostra terra e dei suoi prodotti, attraverso le sue opere più prelibate e i suoi sapori migliori.

Nella prima tappa di questo viaggio abbiamo percorso la nostra terra, il luogo in cui la nostra Storia ha avuto inizio: l’Irpinia.

Nella seconda tappa amplieremo leggermente il nostro orizzonte, abbracciando la regione in cui viviamo: la Campania. Visiteremo due aree specifiche di questo splendido territorio: il Cilento e la penisola sorrentina, per poi ritornare nuovamente in Irpinia.

La confezione Campania si compone di una selezione di tre bottiglie della Selezione Oli d’Italia – Sabino Basso. 

Si tratta di Monocultivar Ravece, olio extravergine d’oliva in bottiglia in vetro da 500 ml prodotto con olive della varietà Ravece, provenienti quasi esclusivamente dalla provincia di Avellino; di una bottiglia di DOP Cilento, olio extravergine d’oliva in bottiglia in vetro da 500 ml prodotto esclusivamente con le migliori olive della varietà Frantoio, Leccino e Ogliarola tipiche del Cilento; e di una bottiglia di DOP Penisola Sorrentina, olio extravergine d’oliva in bottiglia in vetro da 500 ml prodotto dalla selezione della cultivar “Minucciola” tipica della Penisola Sorrentina. 

Cominciamo il nostro viaggio attraverso la Campania e le aree che caratterizzano le bottiglie in confezione.

Introduzione alla Campania

La Campania è una regione dell’Italia meridionale, abitata da poco più di 5 milioni e 700 mila abitanti. 

È la terza regione per numero di abitanti, dopo la Lombardia e il Lazio. È la più popolosa dell’Italia meridionale e la prima a livello nazionale per densità di popolazione. 

Ha una superficie di 13 mila 670,95 km². È incastonata tra il mar Tirreno, a ovest, e l’Appennino meridionale, a est. 

La regione confina a nord-ovest con il Lazio, a nord con il Molise, a est con Puglia e Basilicata. Oltre al capoluogo di regione Napoli, le città capoluogo di provincia sono Avellino, Benevento, Caserta e Salerno.

Con 10 riconoscimenti, la Campania è la seconda regione italiana per siti iscritti nelle liste dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.

Tali riconoscimento sono stati conferiti per: 

  • la Dieta Mediterranea;
  • l’Arte dei “Pizzaiuoli” Napoletani;
  • le Macchine a spalla di Nola;
  • il Centro storico di Napoli;
  • la Reggia di Caserta;
  • il Complesso monumentale di Santa Sofia;
  • gli scavi archeologici di Pompei, Ercolano e Oplonti;
  • la Costiera Amalfitana;
  • il Parco Nazionale del Cilento con Paestum;
  • Velia e la Certosa di Padula;
  • la Transumanza.

Nel nostro tour di oggi toccheremo due di questi siti.

DOP Cilento, dalla terra dell’agricoltura e del mito

Il Cilento è un’area montuosa della Campania situata nella provincia di Salerno, nella zona meridionale della regione.

Si estende per 2400 km² ed è compreso fra la pianura del Sele, e precisamente il fiume Solofrone, a nord; il fiume Bussento a sud; il Vallo di Diano a est; affaccia, a ovest, sul Mar Tirreno. 

Il nome deriva da cis Alentum, “al di qua dell’Alento”. L’Alento è un fiume che sbocca tra Ascea Marina e Casal Velino, rispetto al principato longobardo di Salerno. Se ne deduce che il Cilento storico aveva un’estensione decisamente inferiore all’attuale. 

Il territorio è prevalentemente montuoso, costituito da calcari cretacei e dolomie, per lo più ricoperti da argille, arenarie e molasse, e ricco di fenomeni carsici. Notevole, in passato, la copertura boschiva (principalmente composta da lecci e faggi).

Anticamente il Cilento era parte della Lucania, insieme con il Vallo di Diano e il golfo di Policastro. Ne sono cifra il dialetto locale, le tradizioni gastronomiche e la toponomastica.

La struttura insediativa è concentrata in alcuni poli urbani minori: Agropoli, Vallo della Lucania, Sapri. 

Le città si sviluppano con andamento lineare lungo i margini costiero e interno. Nell’area centrale, invece, assecondano la morfologia del territorio e in particolare dei rilievi: è su di essi che si concentravano i luoghi del potere civile ed ecclesiastico (rocche e monasteri). 

L’evoluzione demografica ha pesantemente risentito dell’esodo migratorio, che ha frenato a lungo la crescita della popolazione. In epoca recente si è manifestata la tendenza a una modesta concentrazione urbana, specie su Agropoli, e si è sviluppato un diffuso fenomeno di rientri.

Nel segno del mito

Il Cilento ha ispirato poeti e cantori nei millenni. Perciò molti dei miti greci e romani sono ambientati sulle sue coste. 

Il mito più famoso è quello dell’isola delle sirene, narrato nell’Odissea. 

Queste creature malefiche – il cui aspetto è ben diverso dagli esseri omonimi presenti nella tradizione mitteleuropea – secondo Omero intonavano un canto che faceva impazzire i marinai di passaggio, portandoli a schiantarsi con le imbarcazioni sugli scogli. 

Si ritiene che l’isola delle sirene sia identificabile nell’isola di Licosa, situata di fronte all’omonima punta a sud di Castellabate. 

Un altro mito importante è quello di Palinuro, il nocchiero di Enea. 

Durante il viaggio verso le coste del Lazio, Virgilio ci racconta che il marinaio fu travolto dalle onde. 

Palinuro si aggrappò al timone della nave che conduceva e, per tre giorni, ingaggiò un’estenuante lotta contro i marosi. 

Ma, quando stava finalmente per mettersi in salvo, fu barbaramente ucciso dagli abitanti di quei luoghi. Da allora quel promontorio prese il nome di capo Palinuro. 

Anche il mito di Giasone e gli Argonauti attraversa il Cilento.

Fuggiti dalla Colchide, per ingraziarsi la dea Era gli Argonauti si fermarono presso il suo santuario alla foce del fiume Sele. 

Quel santuario è visitabile ancora oggi: si tratta dell’Heraion alla foce del Sele, o anche tempio di Hera Argiva.

Il santuario è parte extra moenia del principale sito archeologico del Cilento e di uno dei più importanti siti antichi della Campania: Paestum.

Si trattava di un’antica città della Magna Grecia, chiamata dai fondatori Poseidonia in onore di Poseidone. Essi erano però anche devoti ad Atena ed Era.

L’estensione dell’abitato antico era determinata dalle sue mura greche, come modificate in epoca lucana e poi romana: queste costituiscono il perimetro dell’attuale sito archeologico.

La ricchezza del sito, seconda solo alla Valle dei Templi di Agrigento in Italia e ai reperti ellenici in Grecia (e spesso custoditi in musei europei), offre un punto di vista straordinario sull’antichità.

A Paestum sono stati infatti ritrovati: la cinta muraria; la via Sacra e aree abitate; il Foro; i  templi dedicati al culto di Era e Atena; numerose aree pubbliche; un precedente Tempio Italico; una piscina, un anfiteatro e l’agorà; il Bouleuterion e una necropoli.

In questa visita naturale ci soffermeremo esclusivamente sui templi, invitandovi a dedicare tempo anche al resto del sito.

I templi di Era I, Era II e Atena sono giunti miracolosamente in ottime condizioni ai giorni nostri. Considerati esempi unici dell’architettura magno-greca, sono tre templi di ordine dorico.

Tra il 2003 e il 2013, l’area è stata protagonista di una serie di interventi di restauro che hanno permesso, oltre al recupero degli edifici, di fare luce sulle tecniche e i materiali utilizzati per la realizzazione degli stessi.

Il museo raccoglie un’importante collezione di reperti rinvenuti nelle aree che circoscrivono Paestum, in primo luogo i corredi funebri provenienti dalle necropoli greche e lucane. Innumerevoli sono i vasi, le armi e le lastre tombali affrescate.

Le più celebri provengono dalla cosiddetta Tomba del Tuffatore (480-470 a.C.), esempio unico di pittura greca di età classica e della Magna Grecia, con una raffigurazione simbolica interpretabile come la transizione dalla vita al regno dei morti.

Frantoio, Leccino, Ogliarola: i cultivar del nostro DOP Cilento

Le coltivazioni di olivo presenti nel territorio cilentano che realizzano il nostro Selezione Oli d’Italia – DOP Cilento sono le cultivar delle varietà Frantoio, Leccino e Ogliarola.

La Frantoio è una delle coltivazioni di olivo più uniformemente diffuse sul territorio nazionale, così noto e apprezzato da esser talvolta coltivato anche all’estero.

È contraddistinta da un albero di media taglia e vigoria, con chioma allargata e mediamente fitta. 

I rami principali sono nodosi, mentre quelli fruttiferi sottili e lunghi con cima risalente. Si adatta abbastanza bene a vari terreni. 

La fruttificazione è alta e costante; l’invaiatura è tardiva e graduale; la maturazione scalare e tardiva. Il periodo ideale di raccolta è intorno a metà novembre, con una produttività elevata e costante.

Le Leccino sono fra le olive nere più coltivate in Italia.

Si suppone che la loro origine sia Toscana, con alcune informazioni risalenti al Rinascimento (ne abbiamo parlato su Olio Basso, nel terzo articolo dedicato alla Storia dell’Olio: lo trovi qui).

Oggi è comunemente coltivata in gran parte dell’Italia. Questa cultivar è stata perfino esportata in altre regioni del mondo, come la California, l’Australia e il Cile, ed è probabilmente una delle più diffuse. 

L’olivo Leccino si presenta come un albero esteticamente molto gradevole e può raggiungere grandi dimensioni. 

Una peculiarità sono i rami di tipo cadente, che ricordano quelli di un salice piangente. La chioma è fitta ed espansa. L’infiorescenza è piuttosto corta ed i fiori grandi.

Le Leccino godono di tempi relativamente brevi di maturazione, con produttività elevata e costante. Sono caratterizzate da un colore che varia dal verde al viola scuro e da una forma piuttosto ellittica e irregolare. 

Gli utilizzi di queste olive sono molteplici, grazie alla semplicità di lavorazione. 

L’Ogliarola è una delle cultivar di olive da spremitura più diffuse nel meridione d’Italia, originaria della Puglia e della Basilicata. 

Ogni località presenta una varietà specifica di Ogliarola che, a seconda delle caratteristiche del suolo, del clima, dell’età dell’uliveto, si esprime con differenti sfumature distintive.

La pianta è alquanto vigorosa, con portamento espanso e una medio-alta densità della chioma. Non è affatto raro trovare olivi d’Ogliarola dalle dimensioni notevoli, grazie ad una predisposizione naturale della cultivar e all’età di molti esemplari che superano abbondantemente i 100 anni. 

Le olive sono di piccole dimensioni e sono utilizzate quasi esclusivamente per la produzione di olio extravergine di oliva. 

Gli ulivi non sono molto resistenti alle gelate ed alla brezza marina.

Purtroppo gli alberti risultano essere poco resistenti alle malattie ed ai parassiti: proprio l’Ogliarola del Salento è la principale vittima della Xylella fastidiosa, il batterio killer che ha quasi portato all’estinzione degli ulivi salentini.

Questa cultivar ha però un’ottima resa e presenta un olio di elevata qualità.

Il grande equilibrio gustativo dell’Ogliarola cilentana ne consente un utilizzo molto versatile. Eccelle nell’esaltare i piatti locali, per lo più a base di pesce e di verdure, formaggi freschi, salse delicate.

La commistione di queste cultivar dona al DOP Cilento della Selezione Oli d’Italia – Sabino Basso un caratteristico colore verde scuro con riflessi dorati, che al gusto risulta essere di ottima qualità.

Il sapore è fine, aromatico, sapido e fruttato, con sfumature di piccante e amaro. Alcuni vi ravvisano sentori di erba fresca, mela acerba, carciofo, maggiorana, rosmarino, lattuga, sedano e mandorla, pinolo.

Olio_Extravergine_Oliva_Selezione_DOP_Sorrento

DOP Penisola Sorrentina, l’olivicoltura tra Napoli e Salerno

La Penisola Sorrentina si protende nel mar Tirreno. 

Sul lato che affaccia nel golfo di Napoli costituisce la costiera sorrentina, mentre nel lato che dà sul golfo di Salerno forma la costiera amalfitana, patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’UNESCO dal 1997.

Geograficamente incastonata tra il golfo di Napoli e il golfo di Salerno, la costiera è divisa amministrativamente tra la città metropolitana di Napoli e la provincia di Salerno. 

È ricca di zone famose per le loro bellezze storiche e naturali. Tutte le località della penisola hanno un’antica e consolidata vocazione turistica e sono meta di visitatori e visitatrici provenienti da tutto il mondo.

Il territorio è attraversato dalla catena montuosa dei Monti Lattari, che degradando verso il mare terminano con la località di Punta Campanella. 

Il versante meridionale dei monti è molto scosceso e dà vita alle falesie e ai fiordi della costiera, tra cui i famosissimi fiordi di Furore e di Crapolla.

Di fronte a Punta Campanella, a poche miglia marine, c’è l’isola di Capri. Un tempo attaccata alla penisola sorrentina, oggi ne rappresenta un ideale proseguimento.

La penisola della gastronomia

Il toponimo del paese Tufo deriva dall’omonima roccia vulcanica.

Oltre alle bellezze paesaggistiche e naturalistiche, la penisola sorrentina presenta anche diverse specialità gastronomiche.

Elenchiamo le più importanti e amate: 

  • Il fiordilatte di Agerola;
  • il provolone del Monaco;
  • la pizza a metro;
  • la pasta di Gragnano;
  • il limone di Sorrento e il limone di Amalfi;
  • il limoncello, usato anche per arricchire il tradizionale babà partenopeo;
  • la delizia al limone.

Nei prossimi tour della nostra Selezione Oli d’Italia – Sabino Basso avremo modo di conoscere nel dettaglio alcune di queste specialità e di scoprirne quali sono gli ingredienti più importanti.

In questo viaggio verso gli oliveti della Penisola Sorrentina, invece, ci limiteremo a ricordare come ognuna di queste pietanze si distingua per essere l’esito della generosità della nostra terra e del duro lavoro dei suoi e delle sue abitanti.

La Minucciola, l’oliva della Costiera

La Minucciola è la principale cultivar della Penisola Sorrentina. 

Nella penisola si concentra il 75% dell’olivicoltura della città metropolitana di Napoli. 

La Minucciola è molto nota e amata in Campania e nel capoluogo, sebbene spesso venga indicata con nomi differenti in napoletano: è chiamata anche Cicinella, aulìva da uoglio, oliva di polpa. Talvolta è erroneamente confusa con la cultivar Ogliarola.

La sua coltivazione gode dei suoli terrazzati che dai Monti Lattari degradano verso il mare. 

L’albero è di vigoria medio-elevata, ha portamento assurgente e chioma espansa e folta. I fiori sono autosterili. 

La pianta è poco sensibile alla rogna e resistente all’occhio di pavone, oltre a resistere anche alle intemperie dell’esposizione al mare.

La cultivar è particolarmente apprezzata per la produttività e l’elevata resa in olio. Il frutto è piccolo, di forma ellissoidale corta, con piccolo umbone. Il colore con la maturazione, che è spesso prematura, passa dal verde con lenticelle piccole e numerose, al rosso vinoso, fino al nero.

Gli oli della Penisola Sorrentina si contraddistinguono per il sapore decisamente dolce con note di amaro e piccante e piacevoli sfumature speziate, con retrogusto di mandorla verde. 

L’olio che si ricava dalla Minucciola è caratterizzato da un vivace color giallo paglierino. 

Dal fruttato delicato, ma molto particolare: si distinguono sentori di rosmarino, mentuccia e limone – coltivazioni e sapori tipici della Penisola sorrentina da cui proviene. 

Il gusto è dolce e delicato, con un amaro e piccante di bassa intensità che creano una soave armonia con le spiccate note di erbe aromatiche.

Olio_Extravergine_Oliva_Selezione_Monocultivar_Ravece

La Monocultivar irpina

La nostra passeggiata attraverso la confezione Campania della Selezione Oli d’Italia – Sabino Basso si conclude con un ritorno in Irpinia.

Abbiamo già dedicato un primo tour alla nostra terra, alla terra nel lupo, nel precedente articolo. Inoltre avremo modo di tornare nuovamente a parlare di Irpinia nei nostri prossimi viaggi lungo i sentieri del gusto.

Per questo rientro, quindi, desideriamo concentrarci soprattutto sulla Monocultivar Ravece.

Dal Rinascimento alla nostra tavola

La Ravece è un’antica cultivar di olivo, originatasi in Irpinia agli inizi del XVI secolo.

La sua presenza è documentata a partire dal 1517 in Ariano, sia pur nella forma “ravej”. Il suo nome deriverebbe da un aforisma, di origini non attestate e ampiamente discusso, usato per indicare una resa minore in olio: “La molitura ha dato una resa a Ravece”.

È coltivata quasi esclusivamente nella provincia di Avellino; qui la “nostra” Ravece è affiancata dall’Ogliarola cilentana, di cui vi abbiamo parlato nel dettaglio poco sopra. 

La pianta è abbastanza rustica e di vigoria media. La chioma, dalla tipica colorazione grigio verde, è fitta e compatta. 

Cultivar rustico, resiste bene alle principali avversità e in modo particolare al cicloconio e alla siccità. Poco sensibile alla rogna e resistente all’occhio di pavone, è invece sensibile agli attacchi di mosca.

La produttività è abbondante e costante, mentre la maturazione è tardiva. I frutti, piuttosto grossi e di forma sferoidale, sono amabili per la qualità dell’olio ricavato.

È ancora consuetudine raccogliere le olive anche a mano, montando sulla pianta con una scala di legno a pioli realizzata “artigianalmente” (il cosiddetto “triangolo”). 

Le olive, come da tradizione, vengono raccolte percuotendo i rami della pianta con randelli di legno flessibili, cosicché se ne distaccano cadendo in apposite reti adagiate sul terreno.

Le olive poi vengono riposte in sacche a tracolla, trasportate al frantoio e sottoposte a una “prima spremitura a freddo”, che si ottiene ad una temperatura inferiore ai 27 gradi centigradi.

La nostra Monocultivar Ravece si distingue proprio per la produttività, leggermente inferiore ad altre varietà campane, e per le splendide caratteristiche organolettiche dell’olio.

D’altronde il rigoroso utilizzo di sole olive Ravece irpina esita in un olio d’oliva extravergine superiore, contraddistinto da un livello estremamente basso di acidità.

L’olio è di colore verde più o meno intenso e ha un fruttato di oliva intenso ed elegante con chiaro aroma erbaceo e spiccate note di pomodoro verde. 

Al gusto l’amaro ed il piccante, conferito dall’elevato contenuto di polifenoli, risultano intensi ma equilibrati con sentori di foglia di pomodoro e carciofo.

In conclusione…

La Campania è terra di grandi potenzialità agronomiche, dove l’introduzione di nuove coltivazioni dura da millenni.

Le particolari e favorevoli condizioni climatiche, oltre ai saperi e alla cura che caratterizza i nostri agricoltori, offrono la possibilità a ogni cultivar di esprimere al massimo le sue caratteristiche.

Il tour della confezione Campania della Selezione Oli d’Italia si conclude qui. Ma il viaggio attraverso la nostra terra continua nei prossimi articoli.

Vi invitiamo ad accompagnarci in questo percorso nel gusto e nel sapore della tradizione e della nostra Selezione Oli d’Italia.

Fedele nel gusto, sempre.